La vendetta è qualcosa di istintivo o si apprende con l’educazione? L’argomento è complesso. Di sicuro il comportamento di “rendere la pariglia” esiste in tutte le culture umane. In alcune è considerato un dovere vendicarsi. Ancora di più, esiste persino nella quasi totalità delle razze di vertebrati.

Questo avviene in modo diverso se consideriamo pesci, rettili, uccelli, anfibi o mammiferi, ma accade. Perché?

Vendetta e rancore

La prima domanda è “cosa origina questo comportamento?”. Si capisce subito che se è tanto diffuso un motivo c’è. Ed è anche facile da comprendere: si risponde in modo negativo verso chi ci causa un danno.

Qui si ottengono però diverse forme di “vendetta”. In animali più semplici la risposta è automatica: tu mi attacchi, io rispondo. Così facendo, evito che mi si attacchi di nuovo. Non esiste però il fenomeno di “rancore” generato da questo atto. Tale sentimento, che consideriamo spesso come negativo e basta in realtà è parecchio utile. Provando rancore il nostro cervello fa in modo di non farci mai scordare il passato, perché il danno ricevuto è così grande da dover sempre essere presente. Ovviamente, in una società complessa come quella dei mammiferi sociali, il rancore può costituire un peso molto grave, proprio per questo esistono diversi sistemi per gestirlo.

Ariviamo a capire bene la vendetta analizzando la razza umana. Quando siamo offesi, colpiti, danneggiati in qualche modo, la nostra aggressività sale. La pressione sanguigna aumenta, il cervello rettile diventa più attivo e ci prepariamo a “combattere” per scaricare la rabbia. Lorenz chiamava questo “sistema idraulico“: come un secchio che si riempie di “gocce di rabbia” fin quando la misura è colma. A questo punto il secchio si rovescia, e ciò si esprime in un atto aggressivo di “scarico”.

Aggressività e vendetta

L’aggressività non è semplice da scaricare. O meglio, lo è, ma porta conseguenze gravi per il gruppo, quindi va gestita. Non bastano certo le leggi umane, servono dei meccanismi fisiologici. Un metodo usato da moltissimi animali è quello del duello simulato: osservando due cani si noteranno i segnali a indicare minaccia per evitare di doversi scannare. Nella nostra specie abbiamo segnali simili, ma più complessi. Un metodo molto usato da noi è quello del duello verbale, composto da 5 fasi:

  1. insinuazione – esempio “stai dicendo che la colpa è mia?”
  2. accusa – esempio “tu hai fatto del male a un mio amico”
  3. diffamazione – esempio “tutti ti ritengono scorretto e antipatico”
  4. denuncia – esempio “hai colpito Franco, Mario ti odia, Daniele sostiene che sei violento”
  5. disumanizzazione – esempio “sei una capra!”

Vendetta maschile e femminile

In questa forma di duello le donne sono superiori agli uomini, mentre in quelli fisici vincono più gli uomini, e non a caso i due sessi hanno preferenze sulla modalità di duello. In tutti i casi lo scopo del duello è appunto risolvere la lite evitando la morte di uno dei contendenti.

Un’altra differenza nota tra uomini e donne è lo scarico dell’istinto aggressivo. Le donne infatti ricevono una maggiore “catarsi”, ovvero si abbassa di più la pressione sanguigna e si sentono più calme, se riescono a fare pace con l’altra persona. La condizione migliore è quindi agire in modo da trovare un metodo che annulli la battaglia. Negli uomini invece per ottenere questo effetto serve assolutamente lo scontro, solo così si ha un senso di “giustizia” catartica.

Uomini e donne possono essere educati a seguire la strada opposta (donne con scontro e uomini facendo pace), ma questo non è facile, in quanto, se non si corregge di continuo la situazione, la tendenza naturale torna ad essere la medesima. In tutti i casi una catarsi è necessaria per la salute stessa della persona. E qui si apre un mondo!

Come funziona la vendetta

Infatti, se è pur vero che molte azioni hanno effetto catartico a breve termine, vale il contrario a lungo termine. Facciamo alcuni esempi:

  • esperimento di scarico (Hokason e Shelter). Un gruppo di persone venne irritato di proposito. Poi suddiviso in due parti. Fu concesso loro di parlare con chi li aveva fatte arrabbiare, e di poter esprimere il disappunto premendo un bottone. Ad un gruppo fu detto che premendolo si sarebbe accesa una lucetta blu, all’altro che chi li aveva provocati avrebbe avuto una scarica elettrica. Alla fine dell’esperimento, tutti premettero il bottone. Chi aveva creduto di dare la scossa si sentiva più rilassato e la loro pressione sanguigna era più bassa. Chi pensava di aver acceso la luce no;
  • esperimento cartoni animati (Landy e Mattee). Un gruppo di persone venne irritato, come prima. Poi gli si fece vedere dei cartoni animati comici basati sulla violenza. Ciò generò un effetto catartico su tutti;
  • esperimento scarico crescente (Berkowitz). Solito gruppo irritato. Diviso in due anche stavolta: metà poteva sfogarsi insultando chi aveva provocato, l’altra metà no. I primi risultarono più “calmi”, ma allo stesso tempo svilupparono molto rancore. Gli altri rimasero più irritati ma non rancorosi;
  • esperimento della giusta causa (Bramel et al; Baker, Scale). Una terza persona esterna intervenne per riferire che chi aveva causato la rabbia aveva avuto dei motivi giustificabili e che comunque era stata punita. Tutti ebbero un abbassamento della tensione sanguigna e catarsi.

Questo può far venire dubbi. Quindi, vendicarsi è utile o no? E vedere film violenti, sfogarsi (soprattutto uomini) con attività come la lotta e la boxe, sia come spettatori che come partecipanti, genera catarsi o aumenta l’aggressività?

Conclusioni

Diciamo che entrambe le cose sono corrette. A breve termine, assistere a un film d’azione violento ha soprattutto sugli uomini un forte effetto catartico. Questo però porta anche, a lungo termine, alla dipendenza e all’abitudine. Ovvero: serve sempre più violenza per generare di nuovo l’effetto catarsi. Non vale per tutti, certo. Ci sono ragazzi che fanno boxe, fanno videogiochi violenti e guardano film truculenti senza per forza avere istinti aggressivi. Ma ragionando in termini statistici, si ha un aumento di aggressività nelle popolazioni soggette a simili passatempi rispetto ad altre dove tali passatempi sono ridotti o assenti. D’altra parte, la situazione di stress in cui viviamo porta tutti a un amento di pressione sanguigna e di aggressività, che necessitano di uno sfogo. Quindi?

La soluzione è complessa quanto lo è la nostra specie. Bisognerebbe concedere a chi è arrabbiato di sfogarsi, affinché tale sentimento non arrivi, come dice Lorenz, a “rovesciare il secchio”. Questo modo di agire va sempre controllato, però. Come? Non è nostro compito deciderlo.

 

Per approfondire

I. Eibl-Eibesfeldt “Etologia umana

I- Eibl-Eibesfeldt “Etologia della guerra

A. Bandura “Disimpegno morale. Come facciamo il male continuando a vivere bene

E. Goffman “Il rapporto tra i sessi

J.E. Hokason “Psychophysiological evaluation of the catharsis hypotesis”

J.E.Hokason, S.Shelter “The effect of overt aggression on physiological tension level”

F. Kiener “Das wort als waffe. Zur psychologie der verbal aggression”

D.Landy, D.Matee “Evaluation of an aggressor as a function of exposure to cartoon humor”

L. Berkowitz “Aggression: a social psychological analysis”

 

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L’autore: Antonio Meridda

ritrattoAntonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed è autore di numerosi libri e videocorsi sull’argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto su come funziona il linguaggio del corpo.

 

 

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