Perché in tutti i paesi del mondo, in qualsiasi contesto sociale si considera, si effettua un qualche tipo di saluto? Che vantaggio e utilità hanno delle forme così ritualizzate per entrare in contatto? Da quanto esistono?
Tutte queste domande hanno una sola risposta. Andiamo a scoprire quale.
Il saluto in origine
Cominciamo dal passato. Non del secolo scorso, né dell’anno 1000 e neppure dei faraoni. Torniamo molto, molto più indietro, all’epoca in cui non usavamo ancora il linguaggio per esprimerci. Come si entrava in relazione a quei tempi? Quando un essere umano ne incontrava un altro, come si comportava?
Anche se sono passate decine di migliaia di anni, pare che il metodo fosse sempre lo stesso presente ancora oggi, ovvero uno schema che possiamo riassumere in: saluto di apertura – interazione – saluto di commiato.
Questo sembra valere anche per altri animali. Quando due cani si incontrano, il modo con cui si avvicinano e si studiano è pressoché identico e si rifà a mosse specifiche. Non sappiamo con certezza (ma è probabile) che in questa fase utilizzino odori per comunicare e che svolgano la funzione di saluto.
Manca però la fase finale, quella del saluto di commiato, che invece è molto importante per noi. Perché abbiamo anche questo comportamento?
Un dettaglio molto importante che è bene spiegare è che tale modo di agire non è insegnato, pare innato in tutta la nostra specie. Sarebbe del resto assurdo pensare che tutto il mondo si sia coordinato per utilizzare un metodo simile di relazione.
Già i bambini in età prescolare, quando le parole non sono ancora il metodo privilegiato di comunicazione, usano la formula del saluto – interazione – saluto finale. Può mancare, ma anche in questo caso esiste una spiegazione.
Il saluto iniziale: benvenuto!
Il saluto iniziale ha una funzione pratica importantissima, e significa all’incirca “voglio relazionarmi con te”. A seconda della cultura, dell’età e del rango sociale questa fase sarà più o meno lunga. Tra bambini basta un sorriso o un “ciao” mentre tra capi di stato può durare anche delle ore, ma il senso è identico.
Durante questa fase è inutile e anzi dannoso non rispettare il “canone”. Per esempio, se uno saluta con “buongiorno” non si risponde con “per nulla, va tutto male” e lo stesso vale per altre formule simili, tipo appunto “come stai?”.
Lo scopo di questa fase è infatti relazionarsi, quindi esprimere la propria volontà a farlo. Quando si evita si lancia un messaggio molto potente: comando io. Chi si relaziona agli altri senza alcuna formula vuole ribadire il proprio potere, e questo si nota, ancora una volta, già nei bambini piccoli. Negli asili si è visto spesso che il “capo” non saluta e non sorride, si avvicina semplicemente agli altri senza alcun cenno e pretende di essere ascoltato. Tale modo di fare spiazza e spesso colpisce chi ascolta, che invece si aspetta un saluto. Anche qui non è intenzionale ma l’effetto è garantito. Intervistati, i piccoli “capi” hanno riferito che non avevano voglia o bisogno di salutare, ma se gli si chiede il perché non hanno una risposta logica o consapevole da fornire.
Il saluto di commiato: arrivederci
Il saluto di commiato è ancora più interessante, perché appunto non sembra avere una funzione. Certo può servire tra persone di alto rango o per esprimere “buona educazione”, ma se ci pensate bene non è solo così. La sensazione negativa che si ha quando ci chiudono il telefono “in faccia” deriva proprio da questo. Finire un contatto in modo brusco, senza un saluto di alcun genere, è una sfida bella e buona. Il segnale non regola solo i tempi ma stabilisce il da farsi. Chi non lo fa è come se lasciasse l’interazione aperta, come se ci tenesse la “linea occupata” e questo è molto spiacevole.
L’aggressività estrema della nostra specie è la chiave di questo modo di fare. Qui, a differenza del saluto iniziale, serve l’intervento del genitore. Il bambino infatti non ha nel proprio istinto il fenomeno del saluto finale, lo impara con l’esperienza. Capisce cioè che senza di esso è molto difficile capire se l’altra persona vuole ancora parlare con noi o meno. Si impara sulla propria pelle proprio questo, a non lasciare “canali aperti” inutilmente perché questo genera scontri e incomprensioni.
Il meccanismo del commiato, pari a quello del saluto, è evitato da chi si crede superiore, perché non sente di dover chiudere: gli altri sono a sua disposizione.
Quello che forse è più utile sapere è che tale modalità esiste non solo per le relazioni private ma appunto in qualsiasi relazione umana, guerra compresa. Un saluto finale in questo caso interrompe un’ostilità e si suppone che questo fosse proprio il motivo originale per cui tale comportamento esiste.
Conclusioni
Riassumendo: salutare serve a fare pace, a trovare un partner, a mantenere una relazione, a stabilire un rapporto. Meglio farlo, nel dubbio, dimostra comunque buona educazione.
Distinti saluti.
Antonio
Per approfondire
I. G. Mattingly “Speech cues and sign stimuli”
D. Morris “La scimmia nuda”
I. Eibl-Eibesfeldt “Etologia umana”
A. M Liebermann “The phylogeny of language”
N. R. Varney, J. A. Vilensky “Neuropsychological implications for preadaptation and language evolution”
J. H. Hill “Possible continuity theories of language”
N. Chomsky “Language and the mind”
G. Tembrock “Phonetische eigenschaften von primatenlauten in evolutions-aspekt”
F. G. Patterson “The gestures of a gorilla: language acquisition in another pongid”
V. Hescheen “Intuitionen. Grammatische gesprache in nichtkulturierten sprachgemeinschaften”
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L’autore: Antonio Meridda
Antonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed è autore di numerosi libri e videocorsi sull’argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto sul linguaggio del corpo.